Terzo attesissimo appuntamento con l’analisi transazionale

 IL DRAMMA DEL COPIONE

V i ricordate Fedro, lo scrittore romano della favola delle due bisacce? Dietro la schiena dovremmo avere la sacca dei nostri vizi( che non vediamo) e davanti al petto quella carica dei vizi altrui ( che vediamo invece fin troppo bene!).  Beh, io vado oltre: dietro la schiena non abbiamo solamente i nostri vizi ma “tutta la nostra storia”, a cominciare dalla primissima infanzia. Storia, a volte, caratterizzata da zone grigie che abbiamo dimenticato, o non riusciamo a focalizzare e decodificare ma che, probabilmente, condiziona pesantemente la nostra vita. Davanti, certo, abbiamo i vizi e il comportamento degli altri. Persone che giudichiamo, a volte, con troppa leggerezza poiché non conosciamo la causa del loro agire.

Scriviamo la storia della nostra vita a cominciare dalla nascita. A quattro anni  abbiamo deciso le parti essenziali della trama. A sette anni abbiamo completato la storia in tutti i dettagli principali. Da allora, sino all’ età di circa dodici anni, le abbiamo dato dei ritocchi e aggiunto qua e là qualche dettaglio. Nella adolescenza, poi, abbiamo riveduto il copione, aggiornandolo con personaggi più aderenti alla vita reale.

Come tutte le storie, anche quella della nostra vita ha un inizio, un punto di mezzo e una fine. Ha i suoi eroi, le sue eroine, i suoi cattivi, i suoi protagonisti e le sue comparse. Ha il suo tema principale e i suoi intrecci secondari. Può essere comica o tragica, mozzafiato o noiosa, fonte d’ispirazione o banale.  Ora che siamo adulti gli inizi della nostra storia sono al di fuori della portata della nostra memoria cosciente. Può darsi che a tutt’oggi non siamo consapevoli di averla scritta, e, tuttavia, in assenza di questa  consapevolezza è probabile che vivremo questa storia quale la componemmo tanti anni fa. Questa storia è il nostro COPIONE.

Vi chiedo adesso di fermarvi un attimo per rispondere a delle domande che fanno parte di una serie di esercizi che vi aiuteranno a capire meglio il vostro personale copione. (Sottolineo che tutte queste informazioni e i relativi esercizi li ho tratti dal libro di Jan Stewart e Vann Joines “L’ Analisi Transazionale” ed. Garzanti. Consiglio assolutamente di leggerlo, soprattutto a chi voglia approfondire l’argomento!).

Rispondete in modo istintivo: qual è il titolo della vostra storia? Che  tipo di storia è? Felice o triste?  Trionfale o tragica? Interessante o noiosa? In poche frasi descrivete la scena finale: come finisce la vostra storia? Tenete da parte le risposte. Potrete ritornarvi di nuovo quando ne saprete di più sulla natura del  copione.

Berne ha definito il copione “un piano di vita inconscio”. Successivamente in “Ciao!…E poi?” ne ha dato una definizione più completa: “Un piano di vita che si basa su una decisione presa durante l’infanzia, rinforzata dai genitori, giustificata dagli avvenimenti successivi e che culmina in una scelta decisiva”.

Il concetto che gli schemi di vita degli adulti siano influenzati dalle esperienze infantili è centrale non solo per l’Analisi Transazionale ma anche in molti altri approcci psicologici. Ciò in cui la teoria del copione dell’A.T. si differenzia dagli altri è nel sostenere che il bambino  “ rediga un piano specifico della propria vita”, più che semplicemente una visione generale del mondo. Questo piano di vita, dice la teoria, è “redatto sotto forma d’azione drammatica”, ,con un suo netto inizio, un punto di mezzo e una fine.

Un’ altra affermazione specifica della teoria del copione è che il piano di vita “culmina in una scelta decisiva”. Quando il bambino piccolo scrive la propria vita, ne scrive come parte integrante anche la scena finale. Nel linguaggio tecnico della teoria del copione la scena finale è chiamata “il tornaconto del copione”. Quando da adulti noi mettiamo in scena il nostro copione, senza saperlo scegliamo dei comportamenti che ci facciano avvicinare al tornaconto del nostro copione.

Ogni bambino “decide” quale sarà il suo piano di vita. Ne segue che anche quando bambini diversi vengono allevati nello stesso ambiente essi possono decidere dei piani di vita del tutto diversi. Berne racconta l’aneddoto di due fratelli cui la madre aveva detto:” Tu finirai in un manicomio”. Uno dei due fratelli divenne un paziente psichiatrico, l’altro uno psichiatra. Dobbiamo anche tenere conto del fatto che il bambino percepisce la realtà in modo diverso dall’adulto e le prime decisioni derivano soprattutto da emozioni.

Anche se non sono in grado di determinare le decisioni di copione di un bambino, i genitori possono esercitare una forte influenza su di esse. Già dalla prima infanzia inviano al bambino dei messaggi sulla base dei quali egli forma delle conclusioni su se stesso, sugli altri e sul mondo. Questi “messaggi di copione” sono sia verbali che non verbali. Più avanti vedremo e analizzeremo i vari tipi di messaggi.

Un’altra cosa importante da ricordare è che noi, da adulti, “recitiamo il nostro copione inconsapevolmente”; a meno che non ci fermiamo un attimo a rivivere il nostro passato e ad analizzarlo.

Noi, spesso, non facciamo altro che interpretare la realtà all’interno della nostra struttura di riferimento in modo tale che essa appaia giustificare le nostre decisioni di copione.Quando entro nel copione ignoro delle caratteristiche della situazione qui-e-ora che sarebbero rilevanti per la soluzione del problema.

Perché prendiamo queste radicali decisioni infantili su noi stessi, sugli altri e sul mondo?   

Primo, perché le decisioni di copione rappresentano la migliore strategia che ha il bambino per sopravvivere in un mondo che spesso gli sembra ostile se non minaccioso per la sua vita. Il bambino è piccolo e vulnerabile. La sua risposta è allora data da alcune strategie di sopravvivenza che gli permettano di vedere esauditi nel modo migliore i suoi  bisogni.

Secondo, perché le decisioni di copione sono prese sulla base delle emozioni e dall’esame di realtà del bambino. Abbiamo già detto che il bambino piccolo non pensa come un adulto, né prova emozioni allo stesso modo. L’esperienza emozionale del bambino è di rabbia, di totale abbandono, di terrore e di estasi. Così non è sorprendente che le decisioni prese siano estreme.

Sapete adesso della natura e delle origini del copione. Andiamo adesso nel concreto e vediamo come possa condizionare la vita di una persona. Prendiamo l’esempio di Giovanna.

Giovanna era una bambina tranquilla, con un’infanzia felice. A cinque anni andò in vacanza con la madre in una località lontana dalla sua città. Il padre rimase a casa per motivi di lavoro e andò a trovare Giovanna una sola volta, per poche ore, dato che doveva tornare al suo impiego. Tutto normale nella visione di un adulto. In quella di Giovanna, invece, che a cinque anni stava attraversando il delicato periodo del Complesso di Edipo (in cui la bambina s’innamora del padre) veder andare via il padre fu una tragedia. Pianse disperatamente, provò un dolore immenso e, sulla base delle sue emozioni prese “la decisione di non innamorarsi mai più e di non avere legami troppo stretti con un uomo”. Non voleva provare ancora quel dolore insopportabile. Aveva scritto il suo copione  sentimentale.

Divenuta ragazza arrivarono i primi corteggiatori, numerosi, poiché Giovanna era carina e carismatica. Ma lei sceglieva tra questi i “meno pericolosi”, quelli che difficilmente l’avrebbero fatta innamorare. E, infatti, dopo un po’ li lasciava. Ma un giorno fu coinvolta in un gioco virtuale in cui non ritenne opportuno cautelarsi ed entrare nel copione: così s’innamorò perdutamente di un uomo molto intelligente che la conobbe com’era veramente. Infatti gli altri, dato il suo comportamento, la giudicavano una mangia-uomini fredda e snob. Ma anche stavolta, complici ragioni oggettive oltre che di copione, lasciò il suo grande amore, provando lo stesso dolore che aveva provato da bambina.  Poi continuò (sempre in conflitto con la ragione, il suo Io del qui-e-ora, che avrebbe voluto una storia sentimentale tranquilla e duratura) a seguire il suo copione che, invece, continuava ad imporle storie brevi e poco coinvolgenti.  Il finale, anche questo già scritto a cinque anni, era che doveva “restare sola”. Infatti restò sola.

Giovanna è stata una perdente perché per tutta la vita si è lasciata condizionare dal suo copione.

Qual è il vostro copione? E’ vincente o perdente? Se ancora non lo avete capito vi rimando al prossimo appuntamento: vi proporrò un esercizio che vi aiuterà nel vostro intento.

Rita Brundu