Incontro Cinzia
casualmente a Roma, mentre porta a passeggio il suo cane; vedere la sua figura
inconfondibile ed avvicinarmi è tutt’uno. Sono un pò timoroso, ma l’idea di
parlarle e d’intervistarla, hanno la meglio sulla mia timidezza …
Cara Cinzia, se non ti
dispiace, vorrei iniziare ripercorrendo i momenti salienti della tua vita, le
origini, la famiglia, l’infanzia …
Sono metà padana e metà americana,
mio padre è nato in America da genitori abruzzesi. Venuto in Italia per studiare
canto, come tenore, ha conosciuto mia madre. Un giorno, però, è scappato sia da
lei, che da Milano per andare a Roma. Dopo tre mesi di silenzio, mia madre, con
pochissimi soldi in tasca, è montata sul treno per cercarlo e non sapendo dove
andare, ha seguito l’unica indicazione che mio padre le aveva dato: ‘’cercami
all’American Express’’. Dopo varie peripezie, giunta a Piazza di Spagna, prende
un autobus e dopo due, o tre fermate, vede un signore che legge un giornale e
pensa “ma quello è Leone‘’, infatti era mio padre (mio madre lo chiamava per
cognome, “Leoncione Mio”) . Mi è sempre parsa una cosa straordinaria questo
incontro. Ho perduto mio padre quando avevo 8 anni e lui ne aveva 39, era molto
giovane ! Questo evento ha lasciato in me dei segni profondissimi; è stato il
primo spaventoso momento della mia vita, perché un bambino non è in grado di
elaborare una perdita così grande.
Quando hai capito che volevi fare l’attrice ?
Da sempre,ma non ho mai avuto il
coraggio di riconoscerlo, perché mi sembrava banale ammettere che da grande
avrei voluto fare questo mestiere. Mi ricordo che in colonia una ragazza; una di
quelle che volevano far conoscere la propria bellezza a tutti, mentre eravamo in
fila per la doccia, mi chiese ‘’che cosa vuoi fare da grande ?’’. Io le dissi:
’’E tu?’’. Lei mi rispose: ’’L’attrice!’’. Subito rieplicai: ‘’Io no!‘’ , perché
già sapevo di non voler fare l’attrice nel modo, o per il motivo che voleva lei
e per non essere fraintesa, evitavo di dirlo. Per me fare l’attrice era, ed è la
cosa più importante della mia vita, è l’unico modo, insieme alla scrittura dei
miei lavori, con cui riesco a dare un senso al mio disordine interiore.
E il tuo “ingresso” nel
mondo dello spettacolo?
Fu per puro caso. Mi ero iscritta
ad una scuola di danza e le mie amiche, che insegnavano lì, volevano fare uno
spettacolo dal titolo “Polvere di stress”. Avevo fatto parte di una cooperativa
teatrale per guadagnare qualche cosa e conoscevo un regista teatrale; Augusto
Zucchi, con il quale avevo lavorato, così gli chiesi se ci veniva a dare una
mano per organizzare lo spettacolo. Poiché serviva un’attrice, lui disse: “C’è
una sola persona in grado di recitare”…. e indicò me e da lì, finalmente,
trovai il coraggio di cominciare la mia carriera. Per molti anni ero rimasta a
casa, perché in realtà ero una “cagasotto”, non mi esponevo, avevo paura, ero
fragile. Come diceva il mio primo analista ero: “un traliccio di rosa, attaccato
al nulla”, che non si capiva come facesse a stare in piedi, non credevo in me
stessa.
Un giorno intorno ai 27 anni, seppi che Serena Dandini stava organizzando “La Tv
delle ragazze”, cercava personaggi. Mi presentai consegnando una cassetta vhs
contenente una ‘’cosa’’ che avevo fatto in teatro, non avendo null’altro di
pronto. Al mio “vi lascio la cassetta e vado dal dentista”, Serena mi disse
subito “quando finisci dal dentista, torna qui”. Io tornai e quando aprii la
porta, tutti scoppiarono a ridere, non so perché… Serena mi fece un’intervista
e mi prese subito! Fu bravissima e forse aveva intuito che c’erano delle
potenzialità. La prima edizione della Tv delle ragazze andò bene. Si decise di
allestire anche la seconda edizione e fu allora che feci Francesca Dellera e
Sabrina Salerno; ovvero Santina Palermo; un vero successo! Poi passai al cinema
e feci con Monicelli: Parenti Serpenti. Fu la volta, poi, di “Scusate
l’interruzione”; una delle serie di trasmissioni alternative alla Tv delle
ragazze; una sorta di Maurizio Costanzo Show con personaggi all’epoca famosi,
rivisitati da me e dai miei colleghi. Facevo Edwige Fenech, Anna Tossica, che
era Anna Oxa, tutta fasciata come una mummia, con quattro, cinque diverse
pettinature su una testa sola; sembrava fosse stata sistemata da un reattore
nucleare! Ho fatto la Laurito, la Mussolini, che è stata un grande successo. Si
raggiunsero i sette milioni di ascolto; la chiave della grande, in questo caso,
consisteva nel comportamento tenuto dalla futura onorevole nei dibattiti
politici, che era esattamente uguale a quello del mercato. La Mussolini è stata
quella che ha anticipato la maniera in cui si svolgono i dibattiti politici di
oggi: parlare contemporaneamente, sovrapponendosi per tutta la durata
dell’intervento. Sono stati anni meravigliosi.
Televisione, teatro, cinema, imitazioni, autrice di testi e tanto altro, quali
panni hai indossato con più leggerezza e divertimento e quali ti sono sembrati
troppo stretti?
Cinema, senza alcun dubbio: “Donne
con le gonne”, “Parenti Serpenti”, che è stata la cosa più bella che io abbia
mai fatto ed è la cosa della mia vita, che amo di più. Lavorare con Mario
Monicelli è stato un privilegio assoluto e fare quel personaggio è stato
eccezionale! Solo lui poteva darmi quel ruolo! E gli sarò sempre grata.
Monicelli assegnava i personaggi adatti ad ogni singolo attore, riuscendo a
capire, a prevedere, che ognuno di loro avrebbe trovato dentro di sé la forza e
le caratteristiche interpretative del personaggio. Ciò mi ha permesso anche di
cercare, trovare e conoscere una parte di me e contemporaneamente realizzare il
personaggio. La grandezza di Mario Monicelli consisteva nel saper trovare e
pizzicare le corde più profonde e sensibili degli attori, permettendo loro di
usare quell’intelligenza interpretativa, che spesso viene coperta.
Ma questo è avvenuto solo
con te?
No! Lo ha fatto in tutti i suoi
film, non solo con me, ma anche con gli altri attori. Con lui c’è stata tanta
complicità, mi manca molto! A lui piaceva il modo in cui l’attore avrebbe
interpretato quel personaggio, se doveva fare una modenese mignotta e leggera,
non chiamava una modenese vera, ma un’attrice che a lui piaceva
interpretativamente parlando e che gli avrebbe dato un risultato soddisfacente
al massimo.
Come è avvenuto il
passaggio al teatro ?
Il mio percorso teatrale era
iniziato lavorando al Sistina con Enrico Montesano. Dopo che sono stata male, ho
dovuto trovare il coraggio di aprire un nuovo capitolo. Mi sono dovuta
allontanare dalla televisione. Se zoppichi e hai un braccio mezzo morto, in
televisione non puoi essere te stessa perché in Tv viene esaltata l’immagine.
Dopo l’emiparesi, inoltre, avevo subito la perdita di identità fisica; non ero
più io. Il dolore è talmente potente e profondo, da non riconoscerti più, da non
capire dove sei finita e dove è finito il tuo mondo; volevo e dovevo guarire e
così quel dolore e quella rabbia li ho trasformati in voglia di guarire, ho
fatto un lavoro pazzesco, che ancora continuo a fare e a cui ho dedicato la
maggior parte della mia vita ,avevo 32 anni…
Così ho iniziato a fare da sola in teatro la serie di personaggi che avevo
sperimentato in TV. Si è rallentata la mia carriera cinematografica, ripresa nel
1996 con i film della Wertmuller, ma ne ho iniziata un’altra diversa, molto più
utile per la rinascita e la ricostruzione della mia nuova vita. Così mi sono
rinnovata tirando fuori ulteriori talenti nascosti, riadattandomi a quello che
la vita mi proponeva. Da ciò e per ciò, ho scoperto la mia seconda passione :
scrivere la mia drammaturgia.
Ciò avviene a chi è anche
intelligente, oltre che indomita! Chi ti ha aiutata e guidata agli inizi del tuo
lavoro e da chi, osservando con curiosità e interesse, hai appreso i trucchi del
mestiere?
Nessuno mi ha agevolata
lavorativamente parlando. Ho appreso i trucchi del mestiere dal mondo, ho
guardato, ascoltato tutto, chiunque parlasse, da Strehler, al parrucchiere, al
portiere, a chiunque frequentavo e con cui dialogavo: ascoltavo e riflettevo
molto, divertendomi ho lavorato negli anni in cui, chi sperimentava qualcosa di
diverso, aveva bisogno di talenti reali, come nella Tv delle Ragazze; quella era
una trasmissione piena di talenti, da Angela Finocchiaro, a Francesca Reggiani,
Sabina, o Corrado Guzzanti . Ogni generazione ha bisogno di affermarsi, ma
questa attuale si trova molto più in difficoltà, socialmente parlando, di quanto
lo fosse la generazione precedente. In questo momento le difficoltà di cercare e
valorizzare il talento sono superiori, perché il sistema comunicativo mangia e
poi sputa il personaggio dopo due minuti; c’è proprio un utilizzo da
supermercato del prodotto, nel mondo dello spettacolo e nel sistema massmediale,
che esalta, fagocita e rigetta i nuovi attori.
Come sono nati i
personaggi da te interpretati?
Nella fine degli anni ‘80 abbiamo
sperimentato un modo diverso, più interdisciplinare, quasi interattivo, molto
collegato alla gente e alla realtà, i nostri personaggi non erano imitazioni, ma
metafore, individuare il punto di fragilità del personaggio era centrale. Ad
esempio la Dellera era un attrice elevata a sex symbol, ma era spaventata dal
suo ruolo, in cui si sentiva inadeguata, cercava una risposta dal pubblico, come
se qualcuno potesse dargliela. Un famoso dialogo era:
Serena : “Quindi lei, che tipo di attrice si ritiene ?
Io : “Mi ritengo un’attrice barista… no, no, un’attrice tennista… no, no, ‘na
pranoterapista?’’.
La risposta Di Serena era : “ Forse lei vuol dire: una professionista!”.
E il tutto si concludeva con: “Brava, non mi veniva la parola”… Il divertente
del personaggio, in questo caso, scaturiva soprattutto dal fatto di essere “bona”,
sempre e ovunque, tanto da assumere delle pose da copertina, anche dove non
serviva . La Fenech, famosa per aver fatto i film della Commedia sexy degli anni
’70, improvvisamente si trovava a presentare “Domenica In”; era così felice, che
diventava inevitabile puntare sull’entusiasmo, derivato dall’essere passata dal
cinema popolare, ad un salotto borghese e sottolineare questa fragilità faceva
ridere.
Quale ricordo della tua
vita artistica ti rende più felice e quale ti rattrista?
Parenti Serpenti con Monica
Scattini, con la quale mi sono divertita immensamente e mi rattristata che
Monica Scattini non ci sia più e lo stesso vale anche per Mario. Ho vissuto con
loro un momento artistico veramente esaltante!.
Le tue mai banali performances sono frutto di genialità, improvvisazione,
ricerca approfondita, o cos’altro?
Io credo che il bagaglio della ricerca approfondita diventi improvvisazione. In
realtà sono tutte queste cose insieme. Tutto il bagaglio di ricerca di vita e di
dolore che ti porti dietro, come per incanto, diventa leggero
nell’improvvisazione. D’improvvisazione, ce n’è una marea, perché c’è la mia
necessità ed urgenza di entrare in rapporto con il pubblico, è un’ esigenza
interiore, che mi aiuta a riempire un vuoto, un senso di profonda solitudine, un
bisogno affettivo. Il pubblico è fondamentale, la maniera in cui esso accoglie
quello che io faccio, il modo in cui applaude, le pause, mi permettono di
improvvisare all’interno di quello che sta succedendo in quel momento. Mi
insinuo nella relazione che riesco a creare con il pubblico e cerco
l’autenticità, che è l’unico momento per cui valga la pena essere li’, insieme.
Parlami dell’incontro e
della collaborazione con Fabio Mureddu …
Ho incontrato questo ragazzo di 19
anni quando ne avevo 35, o 36. Dovevo scrivere uno spettacolo da sola,
“Rodimenti” e anche se lui non aveva mai scritto, gli chiesi se mi poteva fare
compagnia mentre scrivevo, perché sentivo una similitudine di testa. Per me non
è mai stato facile trovare qualcuno con cui scrivere, perché ho una scrittura
molto interiorizzata e quindi ho bisogno di un complice, oltre che di un autore.
Mi ricordo che stavamo passeggiando e stavamo parlando del Mulino Bianco e lui
mi disse: “Strano che non abbiano ancora fatto la benzina ai cinque cereali”(
rifacendosi al famoso spot del Mulino Bianco, se il concetto dei cinque cereali
lo porti alla benzina, può sembrare che la benzina non faccia male). Io sorrisi
e da li’ inizio la nostra collaborazione per Rodimenti. E’ uno spettacolo
sull’aggressività, sul rodimento di culo, che a livello espressivo è un termine
che ha alleggerito il concetto di aggressività e che è molto più efficace e dà a
tutti la stessa sensazione. Conoscendo Fabio ho avuto la fortuna di trovare
un’altra testa con cui pensare. Quando poi scrivemmo insieme il secondo
spettacolo: “Poche idee, ma molto confuse” mi accorsi dell’importanza della
nostra collaborazione, fino al punto che ormai anche quando scrivo la lista
della spesa gli telefono. Fabio Mureddu non solo ha tutta la mia stima, ma anche
la mia gratitudine per tutte le risate che ci facciamo insieme.
Il tuo spettacolo: “Mamma
sei sempre nei miei pensieri. Spostati!”, è autobiografico ?
Certo, anche se non è uno
spettacolo su mia madre. E’ uno spettacolo sulla mammità, su cosa significa
mamma dentro di noi, per riuscire a capire dove finiscono le paure e i pensieri
di mamma e dove iniziano i nostri. E’ importante quando diventi adulto, capire
quali sono i pensieri di mamma e quali possono essere i tuoi, quali
comportamenti non sono i miei, ma di mia madre. Ti faccio un esempio: l’ansia di
mia mamma erano le gocce e le briciole per terra, ci ho litigato per tutta la
vita, pretendeva che il lavandino fosse asciutto, che è un controsenso. Una sera
(vivevo da sola) un mio amico mi disse: “Lascia stare, ti lavo io i piatti”. Io
sono schizzata dalla sedia e ho detto: “Nooo, che poi mi fai le gocce per
terra!”. In quel momento il mio amico rispose: “Vai via, mamma di Cinzia! Esci
da questo corpo!”. Ciò non toglie, che l’amore per la madre sia il sentimento
più forte che si possa provare nella vita, ma proprio per questa potenza, è bene
riuscire a separare almeno i pensieri, per essere liberi veramente, per essere
noi stessi. Perché spesso non ce ne rendiamo conto, ma quando siamo madri dei
nostri figli, rischiamo di fare la stessa cosa, che nostra madre ha fatto con
noi.
Ci puoi parlare di
Disorient express ?
Disorient express è uno spettacolo
che ha cercato di focalizzare l’inevitabile confusione derivata dal fatto che
improvvisamente 7 miliardi di persone potessero contemporaneamente esprimere il
proprio pensiero. Questo allo stato attuale è ancora molto destabilizzante,
perché è un eccesso di democrazia a cui eravamo ancora impreparati. Sappiamo,
infatti, tutti che qualsiasi notizia ufficiale, su internet verrà regolarmente
smentita, da un coro di interpretazioni e di fonti, l’una diversa dall’altra, ma
tutto questo ha un nome: democrazia. Ognuno di noi può dire la propria idea, o
la propria opinione, che naturalmente può essere diversa da quella di molti
altri. E’ ancora presto, ma questo mezzo cosi’ potente ci insegnerà nel tempo ad
avere un’idea di partecipazione sociale e pubblica più adulta, forse anche più
pacata, più disincantata e capace di confronto. Il mio è un auspicio,
naturalmente. Noi ci siamo ritrovati tra le mani un sistema democratico, ma
siamo impreparati alla democrazia. Salvini sta costruendo una carriera politica
sulla banalità di avere paura del diverso, che i controlli vadano fatti è vero,
ma è anche vero che i Paesi del Terzo e Quarto mondo, prima, o poi ci sarebbero
venuti a portare il conto, della fame a cui li abbiamo condannati per gli
equilibri mondiali del benessere, perché un continente affamato è un nemico di
meno fra i piedi. Disorient Express è uno spettacolo divertente, perché tutto
questo è raccontato con contraddizioni comiche, riconoscibili tanto i giovani,
quanto gli ottantenni, visto che internet è diventato ormai il mondo di tutti.
Internet è sostituzione di un’organizzazione piramidale, con un’organizzazione a
rete diffusa. E’ democrazia dal basso, dilatata nelle sue massime possibilità,
questa è una cosa che andrà evolvendosi nell’arco di cento anni. Piano, piano,
accederanno tutti alla rete, i cambiamenti sono molto lenti, ma l’accelerazione
c’è stata ed è enorme.
Chi sono per te i più disorientati in questo mondo, dove siamo bombardati da
comunicazioni diverse e opposte ?
Quelli che sono convinti di non essere disorientati. Che si sentono armati di
certezze e di soluzioni e che oppongono la banalità della semplificazione, alla
complessità della vita. Ecco perché in Disorient Express ho citato lo spot di
Roberto Carlino, che “non vende sogni, ma solide realtà”. Mi domando: “ Ma dove
le trova “ste solide realtà?”, che anche il terremoto ti sgretola casa in due
minuti e mezzo!
Sogni nel cassetto?
Sogni nel cassetto non ne ho, nel
senso che i sogni nel cassetto fanno la muffa, è inutile averne. Devono essere
tirati fuori . L’unico sogno che lascio nel cassetto, perché penso che non possa
avere futuro, è che Brad Pitt mi venga a rapire con il cavallo.
Volevo comunicare che il 3 e il 4 luglio ci sarà Disorient Express alle terrazze
dell’Eur mentre il 17 luglio lo spettacolo sarà All’Ombra Del Colosseo.
Ringrazio il caso fortuito, per l’incontro che mi ha riservato e grazie a
Cinzia leone, per le risposte generose, spontanee, profonde e ricche di tante
cose, non solo di singoli e singolari episodi, ma piene di profonda umanità e
sottile intelligenza. Ognuno può leggerci quello che vuole, o può… la simpatica
esperienza, il profondo dolore, la vulcanicità, l’onesta intellettuale e
soprattutto la forza d’animo, che la fa somigliare non più ad un traliccio di
rose ondivago, ma ad un’edera ben attaccata al muro.