Intervista ad Alladin Al Baraduni

Alladin Hussain Al Baraduni è yemenita, fuggito dall’amata patria per evitare tortura e morte. E’ un artista, un’eccellente ed originale artista che si cimenta principalmente nella Street art. Ci ha concesso un’intervista dove racconta la sua vita, la sua opera e dove traspare il grande amore per lo Yemen e il grande dolore per l’esilio.

C’è differenza tra Yemen e Arabia Saudita?

Nello Yemen non c’è un Islam rigido, mentre in Arabia Saudita sì! Pensa che le donne non possono guidare la macchina! A livello sociale sono abbastanza simili, a livello religioso lo Yemen è per metà sunnita e per metà sciita; l’intervento dell’Iran in maniera finanziaria e dell’Arabia Saudita in maniera militare ha aumentato l’odio tra Sciiti e Sunniti, provocando una gravissima crisi umanitaria.

Quali sono le opere che preferisci e l’artista che tu ami di più?

Io amo molto Villa Borghese e amo tutta l’arte, basta che non sia troppo commerciale.  

Quale artista ha influenzato di più il tuo stile?

Io sono realistico nel dipingere ed è la scuola impressionista che mi ha colpito di più. Amo i quadri ad olio li faccio secondo la scuola impressionista, amo Monet, Degas, Pizarro, Van Gogh e tutto quel periodo.

Cosa ne pensi di Basquiat?

Era un vero artista, l’ha rovinato Andy Wharol, perché ha capito, da buon americano, che, facendogli assaggiare un po’ di denaro, poteva diventare un’icona del mercato capitalistico. Lui era un’artista di strada vero! Quando è diventato ricco e famoso la gente povera usava le sue opere di strada, per sfamare la famiglia e anche perché no, per comprarsi una macchina. Lui stesso è stato picchiato per impedire che le opere venissero staccate dai muri.

Quali sono gli artisti più importanti della Street art romana a cui tu sei più legato?                                                                                                Ognuno è differente dall’altro e dare più importanza ad uno piuttosto che all’altro non mi sembra giusto. Sono più vicino ai Writers e ai centri sociali.

A quale opera ti senti più legato e perché?                                                      Non lo so veramente: sono legato al ritratto di mio padre, io avevo un buon rapporto con lui, soprattutto ora essendo in esilio. Non ho un’opera preferita, rappresentano tutte dei fatti e l’opera che entusiasma di più la gente è quella che mi rende felice

Hai contatti con lo Yemen?

Sì, tranquillamente.

Un ricordo bello e un brutto della tua vita?

Sentirsi sradicato dalla propria terra, dal proprio paese e ho avuto questa sensazione quando è decollato l’aereo da Sana’a’, ora sono più di dieci anni che vivo in Italia. Vivo a Centocelle e penso sempre di non poter più tornare a Sana’a. Da una parte lasci tutto quello che hai costruito e dall’altra arrivi ad un nuovo punto di partenza, dove devi costruire tutto da principio, devi entrare nella burocrazia, chiedere documenti, asilo politico. Sono riuscito a partire, sono arrivato qui. Ho voluto vedere più in là, ho pensato: fammi andare finché posso, prima che mi sequestrino il passaporto. Sono sfuggito alla condanna a morte e alla taglia sulla vita.

Per molti di noi lo Yemen era una terra di ascetismo, poteva essere anche una terra di ricchezza…

Lo Yemen è un paese bellissimo da vedere. Ha fascino! Ti sembra di tornare nel medioevo, l’aspetto tribale e beduino è rimasto, noti che entri in un paese molto poco tecnologico, un paese ingenuo, diverso. L’ingenuità, il potere tribale e religioso, la politica militare, danneggiano il tessuto sociale. C’è un ‘identità collettiva nel senso che le guerre avvengono tra sceicchi. C’era l’interesse mondiale di creare il caos in Egitto e lo Yemen è stato coinvolto.  In Yemen fanno cadere armi italiane dal cielo con il paracadute. Questo è L’isis, prende il petrolio da una parte e reprime la gente da un’altra.

Quale senso ha la tua opera Frida Khalo con la pistola?

In America vendono le armi come la birra Peroni in Italia, se un americano spara è normale se lo fa un afroamericano allora è un pazzo. Il problema è la vendita di armi a tutti. In Italia per fortuna è diverso, a parte quando la polizia spara un colpo magari, accidentalmente, e ammazza un ragazzino. Io non penserò mai di andare a comprarmi un’arma, la persona sa che il fucile, la pistola servono ad uccidere.  

…Brevik ha ucciso 80 persone, un cristiano fondamentalista…

Sì lui l’ha fatto perché è un matto.

In Belgio è stato individuato un terrorista che si chiama Sala’ ha una parrucca, ha cambiato nome, hanno scoperto un covo dove hanno sparato 5000 proiettili e non avete preso il terrorista. In Belgio i servizi segreti già lo sapevano chi erano i presunti terroristi. Stiamo andando a fare un picchetto antisfratto e ci troviamo addosso digos, polizia e carabinieri mentre questi terroristi sono introvabili, arrivano con i Kalashnikov a Parigi. Lo stato alimenta la strategia della tensione. Dichiarare il Giubileo straordinario vuol dire limitare la libertà a molti, Frida Khalo utilizzava la pistola dell’ideologia stalinista, senza condividerla, per difendere la sua opera d’arte.                                                                                                                               Esistono persone che per odio o per simpatia possono anche purtroppo avvicinarsi all’Isis perché si sentono depressi esclusi, sbagliano. L’Isis non esiste perché te lo porta la Moschea a Roma, esiste perché lo porta lo Stato, il terrorista dell’Isis viene in Italia con i documenti in regola, non attraversa il mare con i barconi, ma con il passaporto e i soldi in tasca, più regolare di tutti quanti. Poi magari scappa. La pistola se la tiro fuori la tiro fuori per un problema specifico, i. Quelli che sbarcano scappando dai tagliagole non pensano all’Isis ma immaginano di vivere e portare i figli in Italia, sono profughi. Loro sanno che l’Italia non è un paese adatto per loro. Io credo nell’arte, nei libri, odio le armi e curo il Bam! la Biblioteca di Centocelle.

In Francia c’è stata la contestazione delle Banlieue,

In Italia c’è la guerra tra poveri, se una signora ha una casa ed entra in morosità, invece di pensare di andare al comune, la trasforma in una guerra tra poveri, perché magari la signora non è palazzinara perché di quello campa, allora i poveri si trovano a combattere tra di loro.  I rom sono gli ultimi della catena.

Il degrado non è l’autobus che non arriva, la buca sulla strada, il degrado è il migrante che non viene accolto. Dov’è il degrado vero? Che lo stato non fa funzionare i servizi pubblici e la gente crea il nemico nella gente più debole. Anche il rom fa più riciclaggio dello stato.  Il degrado è di tipo diverso, c’è povertà, lavoro minorile, regime, la gente muore ogni giorno. La disoccupazione c’era prima, ora si è arrivati alla morte.

Come hai fatto a diventare così famoso a Roma?

Non saprei dire come, non era il mio obiettivo, ma partecipando alla realizzazione di murales, fatti in giro per Roma, alcuni di questi sono stati molto ricercati, mi ricordo che mi hanno chiamato dal Centro Sociale di Torino, dove ho realizzato dei murales, mi hanno fatto un video “Timelaps”, che è stato diffuso e questo mi ha reso famoso. Tutti i centri sociali hanno cominciato a chiamarmi per farmi realizzare la mia arte. Io rappresento i momenti gioiosi della lotta, non i momenti diciamo di massima gloria o trionfo, ma quelli belli da ricordare. Vedere la propria lotta che diventa un’opera d’arte è la cosa che più mi piace e può essere espressa in una poesia, in una canzone o in un racconto.

Conoscevi la situazione italiana, prima della tua partenza?

A parte l’arte, Pasolini, Fellini, nient’altro. Ho trovato il mio habitat naturale nelle lotte. Al Festival del Fumetto del Forte Prenestino ho trovato molto spazio al divertissement. https://crack.forteprenestino.net/

C’è oggi arte in Yemen?

Ora la gente pensa a sopravvivere, ci sono i resistenti che cantano e dipingono, ma con la morte i bombardanti, senza acqua, gas, andare a cercare l’arte mi sembra ridicolo. Ma se la gente canta vuol dire che c’è una forma di vita che cerca di resistere io mi auguro che ci sia. C’è la guerra in Yemen e quasi nessuno riesce a pensare all’arte.

Può parlarci di Frida Khalo?

Io non credo nella rivoluzione ma nell’autogestione, non credo nella rivolta di strada. La rivoluzione in sé non è possibile. Mi piace Frida per la sua storia, per la sua autostima nonostante tutto quello che ha subito, amava la vita.

Aladdin cosa augura ad Aladdin?

Una buona birra!