Nella costruzione drammaturgica non si ricorre né agli scritti né ai saggi né ai romanzi, ma alle sceneggiature e ai documentari che Pasolini ha creato perché da essi traspare figurativamente lo sguardo, l’etica e il pensiero del nostro. Cosi Pasolini riuscì a sfidare il mondo, i potenti, il Partito Comunista stesso che lo espulse perché omosessuale e la borghesia per il falso perbenismo, per la grettezza e per la meschinità che lo ha sempre minacciato; d’altro canto anch’essi si sentivano a loro volta minacciati.
L’unico attore sul palco è Gabriele Portoghese che impersona
Pasolini, con intelligenza e maestria e riesce a trasmettere l’umanità e la
visione del poeta a volte ironica a volte grottesca, visione che va dalla
nascita all’adolescenza, alla maturità, unitamente ai momenti più significativi
dell’epoca in cui Pasolini è vissuto.
La scenografia essenziale, ma evocativa, sembra richiamare un buco, un fosso da
dove emergono fiori rossi e mucchi di erbacce che vengono raccolti e buttati
come per rappresentare la vita che si crea e immantinente con uno strappo viene
distrutta. Da sottolineare come minimalista è la camicia bianca indossata dall’attore
su cui vengono proiettate le immagini dell’opera pasoliniana Edipo Re, le altre
immagini venivano proiettate sullo schermo dietro l’attore entrando e uscendo fugacemente,
offrendo la visione poetica di Pasolini, non solo intellettuale, ma anche
popolare.
Grazie alla performance di Gabriele, alla regia e alla scenografia, il pubblico
ha partecipato in un totale coinvolgimento, si respirava, infatti, un’atmosfera
di grande partecipazione, sottolineata da applausi continui e da una lunga
ovazione finale punteggiata di “bravo”.
Da Pier Paolo Pasolini
con Gabriele Portoghese
drammaturgia e montaggio dei testi Fabio Condemi, Gabriele Portoghese
regia Fabio Condemi
drammaturgia dell’immagine Fabio Cherstich
filmati Igor Renzetti, Fabio Condemi
produzione La Fabbrica dell’Attore – Teatro Vascello, Teatro Verdi Pordenone, Teatro di Roma -Teatro Nazionale