Al Teatro Quirino dal 30 gennaio al 4 febbraio va in scena “Racconti disumani”, tratto da due racconti di Franz Kafka con la regia e con la scenografia di Alessandro Gassmann.
Ecco brevemente le trame dei due racconti kafkiani che vedono protagonisti due animali, come spesso avviene nelle storie del nostro autore boemo.
Nel “La tana” si raccontano gli sforzi disperati di un essere mezzo uomo e mezzo animale che vuole costruirsi, tra ansie e paure che lo divorano, un’abitazione sicura e inaccessibile in modo da potersi proteggere da nemici invisibili.
Nel secondo racconto “Una relazione accademica”, il protagonista è una scimmia che catturata e ferita in Africa compie un lungo viaggio in nave dove si accorge soffrendo di aver perduto la libertà e soprattutto di non potersi muovere liberamente; decide così di studiare ed imparare i comportamenti umani. Ciò le sarà molto utile, una volta sbarcata, per evitare lo zoo e restare libera e soddisfatta della sorte futura grazie ai tanti maestri.
Il lavoro e l’adattamento teatrale sono stati sicuramente impegnativi e complessi, ma nonostante ciò lo spettacolo risulta avvincente grazie alla professionalità, bravura ed eclettismo del cast, qui riportato.
Adattamento Emanuele Maria Basso
musiche Pivio e Aldo De Scalzi
scene Alessandro Gassmann
costumi Mariano Tufano
light designer Marco Palmieri
videografie Marco Schiavoni
aiuto regia Gaia Benassi
sound designer Massimiliano Tettoni
trucco Serena De Pascali
musicisti
Aldo De Scalzi synth, chitarra acustica
Pivio synth, percussioni
Luca Cresta piano, fisarmonica,
Claudio Pacini synth, percussioni cromatiche
Edmondo Romano clarinetto
Daniele Guerci violino, viola
Arianna Menesini violoncello
Dado Sezzi percussioni
Gassmann sia come regista che come scenografo è stato molto attento ai particolari e molto ingegnoso nell’utilizzo di una scenografia essenziale ma ficcante.
La scelta di Pasotti, da parte di Alessandro Gassmann, risulta molto felice perché con indubbia bravura e padronanza scenica è riuscito a rendere bene i due protagonisti diversificandoli, ricorrendo sia all’impostazione della voce sia alle specifiche movenze fisiche. Il regista ha ideato la scimmia vestita con un frac rosso e un appariscente gilet di lustrini. Pasotti con la recitazione riesce a rendere benissimo sia il tormento dell’animale per una vita non sua che il rimpianto per l’identità perduta. Tutto ciò avviene nel buio assoluto, solo il trespolo è illuminato mentre, immagini della giungla e ricordi della scimmia vengono proiettati.
Nel secondo lavoro Pasotti nelle vesti di un roditore con indosso una pastrana pelosa e un cappuccio in testa usa un dialetto dell’Italia settentrionale con una voce chiusa che lo caratterizza come nevrotico, insicuro, con la paura dell’ignoto, sempre in movimento per percorrere i numerosi cunicoli della sua dimora bunker.
Anche la bravura dei musicisti Pivio e Aldo de Scalzi che con i loro accordi hanno sottolineato le storie e i momenti essenziali di tutti e due i monologhi.