Ho conosciuto Paolo Portoghesi in maniera fortuita e casuale, indovinate un po’ … avevamo lo stesso artigiano del giunco! Lo incontrai nel piccolo negozio, forse l’ultimo di Roma, dove si riparava e lavorava il giunco ed entrando vidi un distinto signore vestito con le sfumature del sottobosco; non sapevo chi fosse ma rimasi colpito dalla pacatezza dell’eloquio, dalla gentilezza e perizia che mostrava nel dialogare con l’artigiano; che fascino!
Alla notizia della sua scomparsa ho deciso d’impulso di scrivere … un pezzettino della sua storia … lunga, piena, varia e soddisfacente, tralasciando moltissimo, sia perché l’architettura non è il mio campo sia perché settant’anni e oltre di attività non possono essere racchiusi in pochissime righe!
Mi limiterò, per questo, a parlare solo delle idee che il nostro grande artista ha espresso sulla natura, sul rispetto e sull’amore verso di essa, sentimenti che lo hanno guidato durante la sua vita e il suo intensissimo lavoro. Ho scelto di esporre il tutto in maniera poco originale ma sicuramente più proficua. Ho utilizzato, infatti, lo strumento dell’intervista e ho rivolto al maestro, professore filosofo, artista ma soprattutto uomo, alcune semplici ma significative domande.
Dopo averlo ringraziato, com’è per me prassi, per il tempo dedicatomi …
Può parlarci della geo architettura?
È un’architettura che considera il nostro pianeta un essere sensibile da amare e rispettare, come avviene tra genitori e figli. La geoarchitettura rappresenta un’unione tra uomo e Terra, non è l’architettura sostenibile che ci consente di dare risposte tecniche ai problemi ambientali ma un’architettura che unisce l’etica e l’estetica, la bellezza e il rispetto per tutto ciò che ci circonda, per una natura da non inquinare, da non sfruttare e ripeto, da rispettare.
Cosa è il genius loci?
È una locuzione latina che indicava lo spirito del luogo, una divinità che vegliava sul luogo. L’uomo e soprattutto l’architetto nella propria opera non può prescindere dal luogo, dall’ascolto di esso e dalla natura che lo circonda. La natura, infatti, è un bell’esempio di vita e di arte, non spreca a differenza dell’uomo che dissipa gran parte di quello che adopera. Essa trasforma continuamente le cose con un senso straordinario della disciplina, ripeto la natura è un bell’esempio da tener presente, perché l’architettura nasce e deve nascere osservando ciò che ci circonda, non bisogna essere indifferenti al luogo ma ascoltarlo e rispettarlo.
Ci può parlare dell’albero di casa Papanice … e del suo significato?
L’albero di casa Papanice è un esempio di quanto detto poco fa. Giovanissimo architetto, siamo nel 1967, mi venne dato l’incarico di progettare un’abitazione senza in verità direttive precise da parte del committente … sul terreno era presente un albero, a mio parere molto bello ed interessante, facilmente eliminabile ma impossibile per me da abbattere, era un albero sicuramente con una storia lunga, sconosciuta. Il significato della difesa dell’albero implica l’interesse per le piccole cose e le idee che esse generano unitamente all’amore per la natura in tutte le sue forme: le piccole cose secondo me rendono grande la natura che ha un repertorio morfologico enorme per chi riesce a scorgerlo e aggiungo che qualsiasi cosa l’uomo possa progettare la natura l’ha già fatto.
E sulla conchiglia cosa ci dice?
E’ un esempio che la natura ci offre e per me è l’opera per eccellenza, infatti, sopravvive a chi l’ha abitata; il sogno che ogni architetto spera di realizzare.
Perché tanto amore per Francesco Borromini?
Sono vissuto all’ombra di Borromini! Mi spiego: il mio amore per lui nasce quasi con me. Infatti, la cupola di Sant’Ivo era vicino casa mia, la vedevo tutti i giorni e ne rimasi subito affascinato.
E non solo, i miei nonni abitavano di fronte all’oratorio dei Filippini. Quindi fin da piccolo sono stato attratto dall’autore di tali singolarità e bellezze e dalla originalità delle forme e delle costruzioni. Mi interrogavo sempre sulla diversità di essi rispetto agli altri monumenti romani: la linea curva, l’elica ecc., per questo Borromini, è stato un maestro e fonte costante di ispirazione … Pensi che a soli sedici anni, studente liceale, pubblicai un piccolo “libro” formato da cinque paginette ma corredato già di disegni, immagini e quant’altro che distribuii in giro. Da allora è stato un susseguirsi di saggi, mostre, studi e ricerche, tanto da essere considerato il maggiore storiografo del grande architetto barocco e mio grande maestro. Oggi sono anche suo concittadino in quanto ho ricevuto la cittadinanza onoraria di Bissone suo paese natale . Lo sa che anche Borromini è uscito indenne da una pandemia: quella del ‘600 che interessò tutta la penisola e anche Roma e chiuso in casa, come me e come molti, ha lavorato e studiato.
Chi sente di ringraziare …
Prima di tutto i miei studenti e i miei collaboratori che con i loro studi, proposte ecc., sono stati una fonte inesauribile di idee sempre nuove ed originali. Dico grazie anche agli artigiani che hanno lavorato per me e con me. Grazie alla loro esperienza, all’intelligenza pratica hanno permesso la risoluzione di problemi spesso difficili e non per ultimo a Borromini che fin da piccolo, come già detto mi ha ispirato, guidato ed arricchito.
C’è qualche cosa nella società, nella vita, negli uomini che la disturba, intristisce?
Tutte le sue domande danno motivo di risposte lunghissime ma anche questa volta mi limiterò ad una sola cosa, tralasciando il resto. Ciò che mi addolora moltissimo è lo stato di degrado in cui versa casa Papanice. Un edificio ricco, bello, originale, sede di set cinematografici e mi fermo qui perché potrei sembrare non imparziale … purtroppo sta morendo …
E per finire: perché Calcata?
Se uniamo il genius loci, l’amore per Roma,
viene fuori un’immagine, un’idea … Roma prima di
Roma, cioè cosa era e come era il territorio prima di diventare Roma …
imperiale, papale e capitale ecc.
Ho ripercorso all’indietro la storia cercando altrove la morfologia territoriale
iniziale. Eccola, nell’alto Lazio lungo la Valle del Treja , dove pare passasse
il Tevere. Dove notai che le forre, un sistema di gole e insenature, potevano
rassomigliare ai colli dell’antica Roma, alle stradine e alle insulae.
Qui sorgeva Calcata, questo era il mio posto, qui mi sentivo a mio agio, era quel pezzettino di mondo sempre cercato. E cosi che da breve weekend iniziale è diventata la mia sede per tutta la vita.