La mostra ” L’Italiana” nasce da un’idea di Sigfrido Oliva e Umberto Pozzi, nella ricorrenza del centenario del viaggio che Picasso compie in Italia insieme con Jean Cocteau per iniziare a lavorare sul sipario di Parade. Durante il suo soggiorno Picasso ritrasse “L’Italiana” un quadro dedicato alla donna bracciante, lavoratrice, interpretando in maniera cubista la figura. Queste donne italiane venivano da una condizione contadina e aspettavano come modelle in Piazza di Spagna, vestite con i costumi dell’epoca, che qualche artista le chiamasse per ritrarle. Voglio sottolineare che questo si presentava come un fattore di emancipazione e di evoluzione nella liberta’delle donne, che comincia nella Grande Guerra, contro le imposizioni restrittive dell’ordine autoritario. Da qui lo spunto per riconoscere la metamorfosi delle donne nell’arco di un secolo, interpretando “L’Italiana” cubista di Picasso con varie tecniche: acrilico, olio, collage, graffito e tecniche miste.
Il corpo è obsoleto, non è piu’ intangibile e puo’ essere scomposto, la bussola caritatevole della ragione ha improvvisamente per lancetta un pennello e la tela per quadrante e una nuova atmosfera dura come le sbarre della gabbia da spostare, tentativo radicale e scomodo che si dipana in un rito di iniziazione permanente e di rinegoziazione identitaria.
Nel periodo in cui Picasso dipinse “l’Italiana” , nel 1917, le donne si avviavano ad un processo antropologico e culturale di emancipazione.Una nuova identità si è realizzata e il principio legato alla cultura patriarcale di autorità è diventato materiale modificabile. Pur non combattendo la Grande Guerra in prima persona, le donne fornirono un contributo fondamentale allo sforzo bellico. La violenza sul corpo femminile era parte del bottino del vincitore, lo stupro non è ancora incluso nei crimini di guerra.
Infatti le donne, pur non dando un contributo fondamentale allo sforzo bellico, gli eserciti erano maschili, trovarono il loro posto nella società sostituendo l’uomo in una vasta gamma di occupazioni e divennero: Infermiere, contadine, operaie, spie, braccianti agricole, cuoche, medici, telegrafiste, dattilografe, macchiniste e poliziotte. In alcuni casi straordinari servirono anche come combattenti. … Fu una vera e propria rivoluzione quella che si verificò nelle relazioni fra generi, in una società dove il lavoro femminile (soprattutto della classe agiata) costituiva ancora un’eccezione. A questa emancipazione lavorativa non fece da contrappunto una maggiore libertà a livello personale: Il principio dell’autorità e della tradizione reazionaria era difeso nelle case dagli anziani che non erano arruolati in guerra e “Nelle fabbriche metalmeccaniche la presenza femminile era talvolta avvertita, specialmente dai vecchi operai, come un sovvertimento dell’ordine naturale e un attentato alla moralità.” (Antonio Gibelli, “La Grande Guerra degli Italiani”, BUR, Milano, 2009, p. 193) . All’inizio del XX secolo, le donne che non erano sposate, vivevano all’ombra del padre e quelle sposate erano sottomesse al marito, capo incontrastato e assoluto. Le donne hanno avuto un ruolo importantissimo durante questo sanguinoso conflitto. Tra queste c’erano anche Edith Wharton, Rosa Luxemburg, Louise Baudin, Blanche Maupas, Marie Cuirie e Mata Hari.
Le “suffragette” erano donne della borghesia che lottavano per i diritti, per quello di voto per la parità di istruzione, di occupazione e di reddito tra donne e uomini. Voglio ricordare le italiane Linda Malnati e Carlotta Clerici, che collaborarono nel 1914 al “Comitato pro umanità” per sostenere la formazione di una Lega italiana per la neutralità.
Attraverso la mostra “L’Italiana” si vuole dare forte rappresentazione della donna, sostenendo unanimi la stessa battaglia per la libertà e la democrazia e si vuole portare avanti l’idea che tali diritti sono per tutti un dovere civico e culturale.